La terra dei cachi

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Questa canzone di Elio e le Storie Tese è del 1996. Il testo è stato abbondantemente superato dalla realtà, ma dato che io sono un po’ old fashion diciamo che preferisco ancora cullarmi nella punta di buonumore di allora quando alla fine della canzone era lecito pensare che Elio esagerava anche un po’ per farci sorridere. Ma anche no. La terra dei cachi è qualcosa che ha una parentela remota con la “repubblica delle banane” solo che in peggio, mentre quelle poverette loro hanno conosciuto solo povertà e miseria, la “terra dei cachi” ha nobili nascite e un passato onorevole alle spalle. Dico “onorevole” nonostante stragi e misfatti vari che, hanno, tuttavia infestato il passato della “terra dei cachi” ma che oggi acquiscono sapori e retrogusti assolutamente diversi rispetto al passato. Un tempo chi metteva le bombe nelle banche, chi sparava agli operai e ai politici era il nemico. Lo Stato, per quanto in una qualche misura non abbia mai dissipato le ombre di una connivenza malvagia e oscura in alcuni episodi, era nella sua consistenza ciò che difendeva gli assetti sociali, i gangli della democrazia, il vivere civile. In linea di massima. E quando il pericolo appariva imminente le piazze si riempivano di gente. Persone fisiche, storie, della sostanza vitale si muoveva. Non immune da errori, ma c’era la fisicità, c’erano dei corpi. Semplice. Tutto rispondeva come un corpo organico, si presentavano dei sintomi della malattia, i virus si agitavano e rispondevano gli anticorpi. Io sono fatto di questa cosa qui. Io penso sempre che le dinamiche siano queste pur essendo passato del tempo. Ma comincio a temere che le cose non stiano proprio così. Non sono cambiati i politici, non sono cambiati i tempi, non sono finite le ideologie siamo cambiati misteriosamente e metabolicamente noi. Lo respiro nell’aria di una apocalisse isterica imminente che tutte le mattine mi accoglie per strada, nella fretta convulsa di chi va al lavoro e ci si guarda in faccia senza avere nulla da dirsi. Fino a quando?

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