Centravanti

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La parola è in disuso, nel giornalismo sportivo ora si definiscono più genericamente attaccanti. Non è certo per dire che il calcio di prima era meglio di ora. E’ solo un ricordo. Nomi, volti, il suono gracchiante della radio, l’atmosfera delle domeniche poemriggio di neppure troppo tempo fa e loro, i “centravanti” di una volta. L’ultimo splendido esempio di quella razza oggi vive in Di Vaio l’eterno attaccante del Bologna. Non parlo di quelli famosissimi, quelli della nazionale, che vinsero il mondiale dell’82 Rossi, Altobelli, Graziani, parlo di quelli un gradino più sotto di loro ma altrettanto familiari. I loro nomi: Beppe Savoldi, Walter Speggiorin, Gil De Ponti, Stefano Penzo, Nick Zanone, Beppe Incocciati, Stefano Chiodi, Bruno Giordano, Roberto Pruzzo. A parte l’ultimo, “O rey di Crocefieschi” qui a Genova indimenticato dai tifosi e amico per le mille frequentazioni in tv, gli altri furono per me icone leggendarie, protagonisti di un “Orlando Furioso” mai scritto ma vivente nella grande narrazione del calcio anni 70 e 80 vissuta con lo splendido trasporto che solo a quell’età riesci ad avere. Come già detto da altre parti su questo blog, ero milanista, squadra che per quasi vent’anni, dal trasferimento di Pratinei primi anni 70 all’arrivo di Virdis nell’87 non ebbe uno straccio di centravanti degno di questo nome (ci fu Chiodi ma ne parleremo più avanti), e ciascuno di loro era la preoccupazione più intensa con cui vivevi la settimana che precedeva la partita. Loro segnavano. Sempre. O quasi sempre. Ma erando destinati a farlo. Savoldi e Speggiorin erano i più temuti. Il primo, baffuto centravanti del Napoli, lo accusavano di essere del tutto avulso dal gioco organizzato dai compagni. Non correva, non collaborava. Nulla. Ma Savoldi la metteva dentro. Come riuscisse a capire le traiettorie della palla era un mistero, visto che guardava sempre da un’altra parte ma aveva il dono di sapersi trovare nel posto giusto al momento giusto. Speggiorin era un incubo. L’anno in cui il Milan vinse la stella lui era attaccante del Perugia che arrivò secondo; il suo nome, anche solo a sentirlo, mi metteva a perdere. Speggiorin segnava in tutti i modi, si procurava rigori inesistenti, fingeva spudoratamente, già il nome, sinesteticamente, era ostile… Speggiorin… Nick Zanone segnava poco e sembrava un “figlio dei fiori”, capelli lunghi, sopra gli occhi, (come faceva a vedere la palla, mah) fece la riserva di Paolo Rossi al L.R. Vicenza e poi passò alla Sampdoria, aveva, nei giorni di buona, un discreto dribbling e un ottimo colpo di testa. Gil De Ponti giocava nel Bologna, capelli sulle spalle, baffetti e pancetta sembrava un chitarrista dei Doobie Brothers più che un calciatore. Ubriacante nel dribbling segnava poco perchè si esauriva nei primi dieci minuti. Stefano Chiodi segnava solo su rigore. Aveva un tiro potentissimo, le sue esecuzioni erano imparabili ma su azione non segnava neanche puntandogli una pistola addosso. Poi, infine, Giordano e Pruzzo centravanti rispettivamente di Lazio e Roma. Personaggi a tutto tondo sul campo e fuori, il rpimo cresciuto nella Lazio che vinse lo scudetto nel 74; letale nelle punizioni e precisissimo nei tirli al volo. Pruzzo imbattibile nei colpi di testa. Bullo il primo, brontolone e timido il secondo. Furono eroi e compagni “immaginari” di giorni e giorni, mille i goal che segnarono ma molti di più quelli fantasticati nelle fantastiche sfide. Cosa darei per rivederli in campo come allora…

1 Comment
  • Giovanni
    Febbraio 27, 2011

    Anni ’70 primi anni ’80… tra i terzini fluidificanti l’antenato fu Facchetti, poi arrivarono Maldera e Cabrini che si contesero il posto in azionale nel ’78, prevalse il secondo perchè sapeva marcare meglio ma il primo segnò addirittura 10 goal in una stagione. I tornanti principali furono Causio e Claudio Sala poi arrivò Bruno Conti ma in quel periodo ogni squadra ne aveva uno… (Cerilli, Chierico, D’amico…)

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