
Prima ancora che Luca e Paolo rilanciasero il verbo al futuro, già Cochi e Renato erano passati su un termine che così su due piedi potremmo dire che indica lo svelamento di una cattiva qualità o abitudine di un individuo colto in flagranza in comportamenti sconvenienti per l’etica o la morale. Più o meno. La canzone di Cochi e Renato risale al 1978 e indica episodi del tutto innocenti (una patta aperta, un’erezione inconsulta, un gesto volgare). Insomma, 30 anni fa per sputtanarsi ci voleva veramente poco. E l’accelerazione sul tema l’hanno offerta proprio Paolo e Luca che nella “loro” canzone hanno descritto la guerra globale in cui le massime cariche della repubblica sono impegnate, appunto, a sputtanarsi. C’è chi ha visto in !”ti sputtanerò” oscure trame, passaggi semiotici per lasciar intendere che il gesto, anzi il verbo, depurato di una sua malevola accezione sia diventato prassi obbligata nella dialettica politica e che così dobbiamo accettare tale pratica come scenario definitivo nella dialettica politica. Ma se come credo, Luca e Paolo hanno voluto fotografare semplicemente la realtà a cui noi tutti stiamo assistendo strappandoci qualche risata, il rischio è proprio quello che essendo lo sputtanamento. lo sputtanare lo spettacolo finale si finisca con il credere che nulla sia vero ma sia tutto un prodotto dello “sputtanamento”. Mister B. che più sputtanato di così non si può, rsistendo all’evidenza davanti all’opinione pubblica fa come quei mariti che pur davanti all’evidenza del loro tradimento nei confronti della moglie negano tutto, riuscendo per la debolezza della controparte a ricomporre situazioni irrecuperabili. Il rischio è proprio che “lo sputtanamento” non più percepito come fatale passo falso ma come pratica dialettica perda il il suo fantastico potere di ricondurre il soggetto sputtanato a un rinsavimento labilizzando ogni forma di imbarazzo e di buon gusto.
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