
“Turista per caso” è forse uno dei titoli più abusati in assoluto. Il “per caso” finale ha permesso di sdoganare le più aberranti cazzate dell’umanità. Il potere evocativo di quel titolo è stato un boomerang e oggi a parlarne di quel film dove, in estrema sintesi, William Hurt passava il tempo a girare il mondo inseguito da due gnocche del calibro di Geena Davis e Kathleen Turner e faceva ancora la parte di quello malinconico, suona strano. Ebbene sì si intitolava proprio “turista per caso” quel film e al di là della mia estrema sintesi venata da una sincera invidia, si trattava anche di un bel film. Mi viene in mente in questi giorni confusi, fatti di cronache grottesche e drammi quotidiani, a guardarmi intorno con quello straniamento da turista di posti neppure troppo lontani da me stesso mentre osservo pezzi di realtà che come lastre di ghiaccio si staccano dopo millenni dalle loro pareti stremate dalle venature che ne hanno incrinato la crosta. La realtà immobile e familiare che ti circonda, mi circonda, ha cominciato a mutare e sarà anche per il mestiere che mi tocca fare, cioè raccontarla, me ne sono accorto all’improvviso. I consigli per io viaggio di Macon Leary sono sempre stati una suggestione poetica oggi appaiono assai più pratici di quando li sentii per la prima volta.
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